La storia dei 5 pulcini sotto la catalpa....il primo giorno di scuola non si dimentica mai!
Chi di voi non ha frequentato la scuola materna? Alzi la
mano per favore o lasci un commento sull’esperienza vissuta. Si perché io ho trascorso un infanzia tra Narni e
Monterubiaglio e appena compiuti i fatidici tre anni mamma provò a mandarmi
alle scuole materne. Ripeto ci provò ma non le venne bene. Io piangevo talmente
tanto che le maestre erano costrette a chiamarla. Piangevo a singhiozzi e
facevo certe lacrimoni formando un laghetto e mamma si spaventava al punto che tornava a
prendermi. Poi ricordo vivamente la sensazione di essere abbandonata in modo
molto subdolo. Parlava con le maestre, io mi perdevo in mezzo ai bambini, lei
mi sorrideva e mi faceva l’occhietto come per dire “sono qui non ti lascio
sola” .
Le maestre la rincuoravano. “Non si preoccupi è normale, piano piano la
bimba lo capirà e vedrà che smetterà di piangere” e lei furtivamente se ne
sgattaiolava dal portone mentre ero intenta a non farmi tirare i capelli da
qualcuno più piccolo di me. Purtroppo tutti i tentativi fallirono.
La maestra un giorno presa da tanto sconforto mi aveva già
preparato la cartella, aveva messo dentro l’asciugamano con le iniziali vds,
qualche giocattolo. Sembrava quasi un ordine di sfratto immediato e per giunta
definitivo.
Mia madre fu messa al muro con la cartella schiaffata sul petto dalla
stessa maestra “ Mi spiace signora la bambina ha dei gravi problemi a
socializzare forse è il caso che la facciate vedere da uno specialista”.
E mentre mi portava trascinata per la mano, alzandomi di mezzo metro sventolandomi a bandiera si sentiva quasi disgustata della mia prestazione prescolastica oltre
indignata nel di sentirsi dire che aveva una figlia del tutto asociale. “ non
capisco perché tu non voglia giocare con i bambini che c’è di così tanto male a
stare dentro un asilo almeno fino all’ora di pranzo?”
“ mamma se non ci sei tu io non ci voglio più andare in quel
posto!”
Durata effettiva della materna a Narni: giorni 12
E mamma fece in modo che io trascorressi la stagione più
bella proprio a casa, contornata da vicine variopinte, con uscite al parco,
piscina d’estate, palestra d’inverno. Insomma si stava da dio….
Gli amichetti o amichette non c’erano. Giocavo raramente con
i figli delle vicine: Gianni quasi coetaneo o con Cinzia in piena adolescenza
che studiava con la faccia pittata per la crema antiacne Io già vivevo nel mondo dei grandi mentre
ascoltavo rapita le storie dell’amica Medora, parrucchiera dai capelli rosso
fuoco. Se stavo a bottega mettevo in ordine le parrucche, spatolavo con il cucchiaino
il fondo del loro caffè montato con lo zucchero, loro fumavano e si
confidavano, io prendevo lo stuzzicadenti e le imitavo con fare sapiente e poi
chiedevo “dove la butto la mia sigaretta?”
Dopo il trasferimento a Monterubiaglio le cose cambiarono
nettamente.
Cambiarono le abitudini, la casa, anche le amiche di mamma
avevano bambini della mia stessa età.
Sarebbe stato un anno di preparazione perché l’anno seguente
avrei dovuto frequentare la scuola elementare. Mia madre presa dal rimorso di
non avermi esortato a frequentare l’asilo tentò nuovamente con la scusa che
avrebbe iniziato anche mia sorella. “qui a Monterubiaglio conoscerai tanti
bambini, poi le suore sono brave ti faranno divertire, vedrai non piangerai”
La tregua durò pochi giorni. Mia sorella aveva già
metabolizzato l’abbandono parziale, io invece iniziavo a piangere dopo pranzo
quando le suore provavano a metterci a nanna e tiravano la tenda per il
pisolino pomeridiano. Io avevo l’incubo di Suor Simona, lei le voleva poche o
ti addormentavi da sola oppure ci pensava lei con le sue storie. Perciò dopo la prima settimana fu mia nonna
a venirmi a prendere e Suor Simona aveva preparato la cartella con maggiore
velocità delle maestre di Narni. Lei era illuminata da dio e con me non c’era
da fare altro “mandatela a benedire, portatela dal parroco” in poche parole
ESORCIZZATELA.
Ma chi? Io o Suor Simona?
Anche gli altri bambini la temevano ma lei era una che
andava a simpatia, ed io non le stavo simpatica per niente. Durata effettiva della
materna 8 giorni più due di chiusura in bagno.
Fu un anno molto bello, mia sorella continuava a frequentare
l’asilo, io me ne stavo a casa a godere della preparazione della crostata o del
ciambellone. Dovevo giocare con le pentole, far scoppiare la balla della farina
da 10 kg
mentre sferzava la tramontana. Attorniata da zii e zie che pur di accontentare
la sottoscritta mi facevano toccare anche il soffitto.
Nonna ha sempre la giusta ricetta |
Ma un giorno trovai una balla nuova, ero curiosa. Mi feci la
mia fontana sulla spianatoia ed incorporai le uova. Nonna non mi diceva nulla
perché era così che trascorrevo le mie giornate.
Dopo 10 minuti iniziai a sentire che le mie mani stavano per
incollarsi e la sensazione peggiorò nei minuti successivi. Le mie mani erano
diventate come gesso. Non riuscivo più a muoverle.
Nonna scopri poco dopo che avevo pescato nella balla di
stucco dietro al portone.
Poveri non avevano calcolato che sarei stata abbastanza
scaltra da provare ad impastarla convinta che fosse farina. Tra le varie
imprecazione a parte rimanere di stucco se mi avessero portato un balletta di
cemento armato avrei fatto la pasta più al dente del mondo.
Ultima estate tra giochi e feste ed iniziai a conoscere le mie
prime amichette: Fabiola dirimpettaia di nonna. Con lei le giornate trascorrevano
felici e con divertimento assicurato. Giocavamo davanti casa mia o dietro
casa sua denominato il POGGETTO.
Sarebbe iniziata la scuola da lì a breve. Fabiola ne parlava
con entusiasmo io facevo spallucce ma se c’era anche lei nella mia classe mi sarei
sentita meno sola. Me lo ripetevo in continuazione mentre mamma mi prendeva le misure per
il grembiule che a quel tempo era blu. Nonna stava ricamando i vari colletti
che sarebbero poi stati accompagnati da un bel fiocco rosa. Ero di sicuro
affascinata dai preparativi di quella prima volta. Il mio primo giorno di
scuola, un posto nel quale non avrei potuto piangere o tornare a casa quando volevo.C'era il sussidiario ed il libro di narrativa, tanti colori, quaderni e c'era più che altro da incartare ogni libro per non rovinare la copertina.
Appena indossato il grembiule, colletto e fiocco mamma aveva
con sè la cartella rossa con le fibbie marroni. Una cartella squadrata
all’estremità tondeggianti. Mi presentai in quel lungo corridoio che sembrava
lunghissimo. Eravamo in 5 in
quella classe. Io, Fabiola, Monia, Mirko e Riccardo.
La nostra maestra si presentò come un raggio di sole. “
Eccoli i miei piccoli pulcini ed io sarò la mamma chioccia”. Lei la grande
maestra Maria Osti Romagnoli. Sarebbe stata la nostra maestra per un solo anno,
perché l’aspettava la pensione. E te pareva? La Romagnoli era una
maestra di una dolcezza infinita, dotata di grande pazienza. Il mio primo anno
di scuola iniziava un po’ in salita perché non avendo frequentato la materna
ero molto indietro rispetto agli altri. Ero molto taciturna, non riuscivo ad
esprimermi in piena autonomia. Logica-matematica zero… ma non avevo problemi a
leggere e scrivere mi proponevo sempre io quando c’era da leggere
qualcosa. E la maestra sapeva che era anche un modo per farmi uscire fuori dal
mio guscio.
Fabiola era l’amica del cuore, poco dopo arrivò anche Monia.
Crescere insieme non è stato semplice perché i caratteri erano completamente
diversi. Fabiola era molto brava a scuola, attenta, diligente, precisa,
ordinata ed era estroversa. Monia era altrettanto brava ma la distingueva la
sua grande bontà d’animo. Se le avessi chiesto una matita di sicuro me l’avrebbe
regalata invece Fabiola al massimo te la prestava o se le girava male ti diceva
anche di no.
Perciò la leadership va sempre al più forte o alla più forte e Fabiola aveva la maglietta col numero 10: capitana ci si nasce e non ci si diventa.
Se litigavamo non ci parlava per giorni a differenza di Monia che non riusciva a tenere il muso aveva un
carattere più docile e malleabile. Ma erano entrambe delle grandi ascoltatrici che un giorno mi esortarono a parlare di cose più divertenti e con ragione " Senti Velia, ma perchè disegni sempre la pioggia, guarda che bello qua fuori ci sono anche i fiori e c'è il sole!".
Ecco Fabiola brillava per il suo perenne ottimismo, la sua grande capacità di sintesi, era più matura, più sveglia, ordinata, orgogliosa, testarda.
Ecco Fabiola brillava per il suo perenne ottimismo, la sua grande capacità di sintesi, era più matura, più sveglia, ordinata, orgogliosa, testarda.
Perciò al momento dei compiti in casa io che ero nettamente
indietro copiavo Fabiola, Monia interveniva per farmi capire il concetto e
Fabiola come la maestrina con la bacchetta ci richiamava all’ordine spiegando
la lezione di nuovo. Mirko e Riccardo…..due galassie in un universo in piena espansione.
Loro erano completamente gli opposti: Mirko era
furbo, svelto, caparbio, orgoglioso e provava a spuntarla su Fabiola che
rimaneva impassibile. Riccardo era il primo della classe ma era il più
taciturno. I suoi compiti erano sempre svolti in maniera perfetta che un giorno
quando disegnò un dinosauro pensammo davvero che avesse dei poteri
soprannaturali. Era il dinosauro della foto che era raffigurato sul sussidiario. Per non parlare dei
pensierini che poi col tempo sarebbero diventati temi che lasciavano incantata la
maestra e persino le altre maestre. Durante la ricreazione si riunivano per
parlare del grande genio che era in lui e confrontavano magari il mio pensiero del giorno molto semplice, lineare e diretto ( approccio necessario)
“Oggi a casa abbiamo fatto la crostata con le ciliegie e mia sorella l’ha
mangiata tutta” con il pensierone di Riccardo che era un poema liturgico. Non
c’era nulla da fare, Riccardo era inarrivabile, quasi intoccabile perché anche
lui era molto timido. Ma quando era sul banco di scuola poteva far rimanere di
stucco ( con la balletta de cemento armato) l’insegnante. Perciò dopo qualche
mese ecco che le postazioni diventano più nette, le posizioni di ogni singolo
bambino vengono riportate sul famoso primo quadrimestre. La mia pagella non è
delle peggiori ma la
Romagnoli decanta la mia grande fantasia ed interpreta la mia
“distrazione” o difficoltà a concentrarmi come una sorta di noia di base.
“si è inserita nel
gruppo dal quale richiede affetto. E rispettosa e tende a comunicare all’insegnante
ogni suo piccolo problema inerente alla scuola. E' sensibile ed estremamente
pronta a cogliere ogni cambiamento, passa dei periodi di grande infantilismo di
assenza mentale dalla classe a periodi di forte impegno, A me sembra anche un
po’ insicura. Ci sono momenti nella conversazioni dalle quali sembra totalmente
assente che viene fuori con delle osservazioni tanto superiori alla sua età
cronologica , che lasciano sorpresi. Ha acquisito una sufficiente tecnica sia per
la scrittura che per la lettura ma la parte logico.matematica rimane incompleta”
Solo 11 assenze….
Insomma non era poi così male come pagella da portare ed ero la più somara della classe.
Non oso pensare la mamma di Riccardo che tutta orgogliosa magari
aveva già appeso i manifesti
“ma quanto sei bravo?”
Ma quell’anno il comune decise di regalarci un campo da
pallavolo ma per farlo avrebbero dovuto abbattere la catalpa che si trovava in
quel preciso punto. La
Romagnoli la prese come spunto per fare ricerche sull’origine
di questo albero a foglie caduche. Facemmo uno studio associato, aprimmo un inchiesta e assistemmo
inermi all’abbattimento della catalpa come se fosse la fucilazione del colpevole.
Piangemmo su quelle fronde tagliate, contammo gli anni dalla radice rimasta in
terra. Riccardo aveva fatto anche la ricerca della moltiplicazione della pianta
e studio comparato di ogni singola malattia dovuta a parassiti. Insomma una
scuola intera a piangere una catalpa e Riccardo "la
catalpa bignoinoides era chiamato albero dei sigari"
“ sarà per questo che lo
tagliano? Il fumo fa male”.
Eccerto non dovevamo fumarci una catalpa, farci il decotto
ma neanche ritrovarcela nel letto la notte come incubo dopo averla
interiorizzata come parte della famiglia. Un pezzo di catalpa che se ne va…..
Durante l’ora di ricreazione portavamo i pensierini alla
catalpa. Io piangevo come una fontana e nessuno aveva capito la ragione. “ Maestra
se decidessero di tagliare anche le altre piante dall’altro lato della scuola,
io ho contato 5 tipologie diverse e qualche sottospecie. Ci mettiamo al lavoro
adesso o magari passo le informazioni a Riccardo che domani ci porta la ricerca
già fatta?”.
Perchè Dio crea i mondi ingiusti: crea i bimbi come me che fanno il pensierino o crea bambini capaci di scrivere una tesi di laurea??"
"Velia per te il cielo sta anche dentro la stanza" |
La
Romagnoli ci amava cosi. Eravamo i suoi 5 pulcini, i suoi 5
cuccioli da lasciare pronti alla nuova maestra. Sarebbe stata la sua ultima
stagione lavorativa e per noi la prima e l’ultima stagione di un periodo ricco
di grande fermento scolastico "ripieno" di affetto a quintali.
Maestra Maria Romagnoli, col suo
naso fino e adunco, capelli grigi fermati da una molletta ed un paio di occhiali
fini e spessi come il fondo delle bottiglia.
Aveva un profumo di talco, sembrava sempre che uscisse fuori
dal parrucchiere senza la messa in piega. Mai un urlo, mai una parola di
troppo, teneva per sé la nostra essenza. Si cibava di quella per riuscire a
chiudere la sua stagione lavorativa, una stagione spesa per allevare i più piccoli. “ un giorno
quando sarete grandi vi ricorderete di me? Io si perché rimarrete i miei ultimi
pulcini ed un mamma chioccia non dimentica”
"un pulcino tra le mie mani" |
Secondo quadrimestre finito, il primo anno finisce con una
prima elementare pienamente promossa in seconda.
Il mio pensierino di fine anno fu molto gradito: il mio era
il desiderio di andare a vivere tutti assieme sotto lo stesso tetto in piena
campagna avevo anche scritto che per festeggiare avrei piantato una catalpa in
segno di pace. No, non avrei più pianto come all’asilo e non avrei fatto storie per
entrare in classe.
Eravamo noi 5, Io, Fabiola, Monia Riccardo e Mirko. La
sottile percezione che i nostri caratteri si erano completamente amalgamati e
la sensazione forte e che non ci saremmo più lasciati dopo quella stagione.
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